Il Decreto interministeriale Mobilità Sostenibile nelle aree urbane del 27/03/1998 (conosciuto come decreto Ronchi), ha introdotto la figura professionale del responsabile della mobilità: il Mobility Manager. Gli enti pubblici con più di 300 dipendenti per “unità locale” e le imprese con complessivamente oltre 800 dipendenti, devono individuare un responsabile della mobilità del personale.
Le successive legislazioni hanno ampliato l’ambito di attività del mobility manager, ma se le persone si chiedono “chi o cosa è il mobility manager?” possiamo decretarne il totale fallimento!
Poche sono le aziende e gli enti pubblici che hanno istituito questa figura professionale.
Il compito che si affida al mobility manager è davvero arduo; ad un automobilista incallito risulta anche antipatico!
Il mobility manager deve disincentivare l’uso dell’auto privata a favore dei mezzi pubblici o collettivi come il car pooling, dei mezzi di trasporto alternativi come la bicicletta tradizionale o a pedalata assistita; la creazione di navette aziendali per consentire la diminuzione del traffico, delle emissioni di CO2 e una migliore accessibilità all’azienda.
i compiti previsti ex lege per il Mobility Manager declinato nelle sue tre accezioni: aziendale, di area e scolastico. Hanno diversi ambiti territoriali o finalità, ma hanno anche caratteristiche comuni
Al fine di ottenere questo risultato l’attività di Mobility management si svolge in cinque fasi:
la progettazione consiste nel creare dei percorsi detti Piani di Spostamento Casa /Lavoro (PSCL) o Casa/ Scuola, (PSCS). I piani sono condivisi e partecipati dagli stakeholder attraverso
si passa alla parte operativa, la realizzazione e sperimentazione delle proposte/iniziative. In questa fase è importante continuare a monitorare e interagire con gli stakeholder, così da avere feedback continui e poter passare alla fase successiva
La fase sfinale di un processo circolare. Confrontando i dati prima e dopo l’applicazione dei PSCL / PSCS si verifica il funzionamento del progetto, la “resistenza sociale” o il miglioramento che hanno generato i PSCL / PSCS.
Forse bisognerebbe riconoscere che questa legislazione attribuisce al mobility manager il compito di educare il mondo: un compito un po’ troppo ampio. Soprattutto se si considera che l’educazione dovrebbe essere un compito primario delle istituzioni
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